Anche nel caso in cui il contratto tra la PA ed il privato sia nullo per difetto di forma richiesta ad substantiam, opera la procedura prevista dall’art. 194, comma 1, lett. e), del TUEL per il riconoscimento del debito fuori bilancio prevista per l’assenza dell’impegno di spesa: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per la Campania, nella deliberazione n. 111/2021/PAR, del 10 maggio 2021.
Si precisa in modo chiaro che “E’ tuttavia evidente che, nell’ambito del procedimento preordinato alla decisione in merito al riconoscere o meno siffatto debito, dovrà tenersi presente il sistema di tutela sia del privato fornitore, sia dell’amministratore e/o funzionario ordinante la spesa, così come delineato dai maggioritari orientamenti della giurisprudenza di legittimità e le relative possibili ricadute in danno della amministrazione medesima.
Come noto, secondo quanto precisato recentemente dalle sezioni unite della Cassazione (10798/15) e confermato dagli orientamenti successivi della medesima cassazione, nella fattispecie all’esame si innesca una duplice esigenza di tutela: dell’amministratore e/o funzionario operante, che può essere soddisfatta mediante la proposizione, in mancanza di altre azioni, dell’azione di ingiustificato arricchimento verso l’ente pubblico, a norma dell’art. 2041 c.c., assolvendo, a tal fine, al solo onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento. Il principio secondo cui il riconoscimento dell’utilitas da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicchè il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c., ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso (Cass. SU n. 10798 del 2015), è applicabile anche al caso in cui sia l’amministratore ad agire verso l’ente pubblico, ai sensi dell’art. 2041 c.c., salva la possibilità per l’ente di dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto (cfr. Cass. n. 15415 del 2018); del contraente privato fornitore che, se da un lato non è legittimato a proporre l’azione diretta di indebito arricchimento verso l’ente pubblico per difetto del requisito di sussidiarietà (stante la proponibilità dell’azione contrattuale verso l’amministratore), dall’altro è, tuttavia, legittimato ad esercitare l’azione ex art. 2041 c.c., contro l’ente pubblico utendo iuribus dell’amministratore e/o funzionario suo debitore, in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., contestualmente alla (e indipendentemente dalla) proposizione della domanda di pagamento del prezzo nei confronti dell’amministratore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le proprie ragioni quando il patrimonio di quest’ultimo non offra adeguate garanzie. In tal caso, dunque, il contraente privato ha l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, in correlazione al depauperamento dell’amministratore, senza che l’ente possa opporre il mancato riconoscimento dell’utilitas, salva la già menzionata possibilità per l’ente stesso di dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto.”