Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza del 21 giugno 2021, n. 4779 ha statuito che la gara a lotto unico per l’affidamento del TLP è legittima. Si precisa però che “ L’art. 3 della direttiva n. 2014/23/UE (c.d. direttiva concessioni) enuclea i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Tali principi non appaiono violati dall’art. 84 della l.r. Toscana n. 65 del 2010, di cui si contesta l’incostituzionalità per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in quanto l’accorpamento in un unico lotto di più prestazioni, per quanto di notevoli dimensioni e notevole rilievo economico, è l’espressione di un non irragionevole bilanciamento tra il principio della concorrenza (di cui sono portato la parità di trattamento e la non discriminazione) ed il principio di buon andamento e di economicità (Cons. Stato, III, 17 ottobre 2018, n. 5953). Ora, anche a prescindere dall’assunto regionale che invoca l’applicazione del solo regolamento (CE) n. 1370/2007 del 23 ottobre 2007 (regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70) (il quale effettivamente prevede per il servizio di trasporto pubblico di passeggeri obblighi di servizio e compensazioni di servizio pubblico), anche a rimanere nel quadro delle direttive eurounitarie appare difficilmente contestabile la non irragionevolezza dell’àmbito regionale se considerato dal punto di vista dell’efficienza del servizio in un contesto caratterizzato dalla riduzione delle risorse a disposizione del trasporto pubblico locale. Le ragioni e gli obiettivi a supporto del lotto unico appaiono comunque non illogicamente rappresentati dal “documento finalità ed obiettivi della concessione” della Regione, allegato alla lettera di invito. Seppure, dunque, anche in materia di contratti di concessione, pur in assenza di norma esplicita (quale è l’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016), la suddivisione in lotti costituisca criterio preferenziale, rispondendo all’esigenza di favorire l’attività economica delle piccole e medie imprese, deve ammettersi anche un diverso apprezzamento in relazione alla situazione di fatto, che è consentito anche dalla direttiva appalti (si veda il considerando n. 78 della direttiva n. 2014/24/UE, sugli appalti pubblici).
Sicché, non essendo prevista la motivazione della deroga alla suddivisione in lotti per le concessioni, è consentito – nei limiti, che qui non appaiono valicati, della congruenza logica e della ragionevolezza – dare spazio anche in sede processuale alla spiegazione, ribadita dalla Regione negli scritti difensivi, che fa riferimento alla necessità di contenere i costi del servizio: il che, all’ultimo, va a beneficio dell’utilizzatore su cui altrimenti si tenderebbe a traslare i maggiori costi. Ciò appare non irragionevole se si tiene conto della diversità della concessione rispetto all’appalto (tratti peculiari della prima, bene delineati dal d.lgs. n. 50 del 2016, essendo la traslazione del rischio operativo in capo al concessionario e lo svolgimento del servizio nei confronti dell’utenza e non dell’amministrazione concedente: Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 22). Giova ricordare come in almeno un’altra occasione (e cioè con riguardo alla legge regionale della Liguria, che ha previsto il lotto unico) tale modello è stato sottoposto al vaglio di costituzionalità della Corte costituzionale, che si è pronunciata nel senso dell’inammissibilità per difetto di rilevanza (Corte cost., 20 novembre 2016, n. 245). Ne segue che la sollevata questione di legittimità costituzionale non appare non manifestamente infondata”