La Corte di Giustizia  manda a gara gli ospedali privati niente più sovvenzioni e finanziamenti diretti per sperimentazione

Con sentenza  del 18 ottobre la Corte UE (CGUE Ottava Sezione Sentenza 18 ottobre 2018 C-606/17 Azienda ULSS n. 3, Regione Veneto, Ministero della Salute, Ospedale dell’Angelo di Mestre, nei confronti di: Istituto Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar, Azienda ULSS n. 22)  intervenendo su un rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato italiano ha nuovamente ricordato che gli affidamenti tra soggetti pubblico- privati operandi nella sanità  possono esser effettuati senza esperimento di procedure di affidamento tipiche dei contratti di appalto disciplinati dalle direttive e che i relativi contratti presentano i tratti tipici dei contratti a titolo onerosi di cui si occupano le direttive stesse.

In particolare, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli articoli l e 2 della direttiva [2004/18], comprenda nel proprio ambito applicativo anche le operazioni complesse mediante le quali un’amministrazione pubblica aggiudicatrice intenda attribuire direttamente ad un determinato operatore economico un finanziamento di scopo, interamente finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore ( cfr. nel caso di specie il Sacro Cuore) ; se, di conseguenza, la citata normativa europea osti ad una disciplina nazionale che consenta l’affidamento diretto di un finanziamento di scopo finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore.

2) Se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli articoli 1 e 2 della direttiva 2004/18, e gli articoli 49, 56, 105 [TFUE e seguenti], ostino ad una normativa nazionale che, equiparando gli ospedali privati “classificati” a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, in assenza dei requisiti per il riconoscimento dell’organismo di diritto pubblico e dei presupposti dell’affidamento diretto, secondo il modello dell’in house providing, li sottrae alla disciplina nazionale ed europea dei contratti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di realizzare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, ricevendo contestualmente un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione di tali forniture».

Con la sua prima questione, il  Consiglio di Stato ha chiesto se è compreso nel contratto a titolo oneroso anche  finanziamento dato ad un operatore economico scelto senza gara interamente finalizzato alla fabbricazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di qualsiasi corrispettivo a favore dell’operatore stesso, ad eccezione del versamento, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio. In particolare, la Regione Veneto e il Sacro Cuore hanno concluso un contratto mediante il quale tale istituto si è impegnato a produrre e a distribuire gratuitamente il farmaco 18-FDG agli ospedali pubblici regionali, dietro corresponsione però, da parte di questi ultimi, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio. A tal fine, la Regione Veneto versa al Sacro Cuore una sovvenzione di EUR 700 000 interamente destinata alla produzione del farmaco suddetto.

La Corte  non ha dubbi nel ritenere che il contratto è a titolo oneroso. Infatti, in conformità dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, per rientrare nella nozione di appalti pubblici, un contratto concluso tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni giudicatrici deve essere stato concluso «a titolo oneroso». Orbene, risulta dal senso giuridico abituale dei termini «a titolo oneroso» che questi ultimi designano un contratto mediante il quale ciascuna delle parti s’impegna ad effettuare una prestazione quale corrispettivo di un’altra prestazione.(v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., C-159/11, EU:C:2012:817, punto 29, nonché del 13 giugno 2013, Piepenbrock, C-386/11, EU:C:2013:385, punto 31).

Con la sua seconda questione, il Consiglio di Stato chiede, in sostanza, gli ospedali «classificati» privati equipararti a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti possano disattendere la normativa comunitaria.

A questo proposito, la Corte  ricorda che, per costituire un appalto pubblico e dunque vedersi applicare la normativa dell’Unione in materia, il contratto concluso a titolo oneroso di cui trattasi deve essere stato stipulato tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici. Come risulta da una costante giurisprudenza, due tipi di appalti conclusi da entità pubbliche non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici (sentenza del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., C-159/11, EU:C:2012:817, punto 31).

Si tratta, in primo luogo, dei contratti conclusi tra un’entità pubblica che soddisfa le condizioni stabilite dall’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18 per essere qualificata come «amministrazione aggiudicatrice» ai sensi di tale direttiva e un soggetto giuridicamente distinto dall’entità suddetta, qualora quest’ultima eserciti su tale soggetto un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e questo soggetto realizzi la parte essenziale delle proprie attività con l’entità o le entità che la detengono (v., in tal senso, sentenze del 18 novembre 1999, Teckal, C-107/98, EU:C:1999:562, punto 50, nonché dell’11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C-26/03, EU:C:2005:5, punto 49). ( e non è questo il caso di specie)

In secondo luogo, non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici neppure i contratti conclusi a titolo oneroso che istituiscono una cooperazione tra entità pubbliche finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a queste ultime, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra entità pubbliche, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun operatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione istituita da detti contratti sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C-480/06, EU:C:2009:357, punti 44 e 47, nonché del 13 giugno 2013, Piepenbrock, C-386/11, EU:C:2013:385, punti 36 e 37).  Poiché i criteri menzionati al punto precedente della presente sentenza sono cumulativi, un appalto tra entità pubbliche può esulare dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici a titolo di tale eccezione soltanto qualora il contratto relativo all’appalto soddisfi tutti i suddetti criteri (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, Piepenbrock, C-386/11, EU:C:2013:385, punto 38).

Pertanto si deve aver realizzata una di cooperazione  tra entità pubbliche e nel caso di specie tale criterio non viene manifestamente soddisfatto, perchè, gli ospedali «classificati», come il Sacro Cuore, costituiscono persone giuridiche la cui gestione resta, sotto il profilo sia del finanziamento e della nomina degli amministratori sia delle regole di funzionamento interno, interamente privata, come risulta dal punto 37 della presente sentenza.

Conclude la Corte dicendo che “occorre dunque rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 2 della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, equiparando gli ospedali privati «classificati» a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti.”

Si provi a pensare la portata di questa sentenza, dalle cure alle sperimentazioni alle camere mortuarie: gli ospedali privati forse dovranno cominciare a rispettare codice dei contratti, trasparenza e anticorruzione dal momento che spendono denaro pubblico e l’investimento privato nella stragrande maggioranza dei casi è risibile.