Illeciti antitrust  

La Corte di Giustizia  IX sez. del 4 giugno scorso nella causa n. a C-425/18 in una ordinanza conferma che gli illeciti antitrust sono rilevanti ai fini della partecipazione ma non portano ad una esclusione automatica dalla gara a differenza di quanto statuito nella linea guida n. 6 da ANAC.

La questione pregiudiziale sollevata dal T.a.r. Piemonte lo scorso anno (ord. 21 giugno 2018, n. 770), con la quale i giudici nazionali hanno chiesto se possa ritenersi compatibile con l’art. 45, paragrafo 2, primo comma, lett. d) della direttiva 2004/18/CE un’interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. 163 del 2006, volta ad escludere dalla nozione di errore professionale la violazione delle regole in materia di concorrenza.Il procedimento principale riguardava l’impugnazione da parte del Consorzio Nazionale Servizi (CNS) del provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione disposto nei suoi confronti dal Gruppo Torinese Trasporti S.p.a. (GTT), a causa del comportamento anticoncorrenziale tenuto dal ricorrente in una precedente gara indetta da altra Amministrazione e sanzionato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con un’ammenda milionaria. Con ordinanza cautelare, il T.a.r. Piemonte aveva respinto la richiesta di misure provvisorie formulata dal CNS, in ragione della ritenuta infondatezza nel merito delle censure avanzate contro il provvedimento impugnato, ruotanti intorno all’impossibilità di ricondurre gli illeciti antitrust nel perimetro applicativo dell’errore professionale grave di cui all’art. 38, comma 1 lett. f) d.lgs. 163 del 2006.  In sede di appello avverso la pronuncia cautelare, il Consiglio di Stato aveva, invece, rilevato la possibile fondatezza dei motivi di ricorso.

I giudici europei hanno ribadito in maniera chiara e sintetica la rilevanza escludente delle infrazioni commesse in materia di concorrenza, fermo restando l’autonomo potere di valutazione delle stazioni appaltanti. La linearità della questione sembra rimarcata dalla particolare tipologia di provvedimento decisorio utilizzato dalla Corte, l’ordinanza motivata di cui all’art. 99 del regolamento di procedura della Corte di Giustizia, potendo la risposta “essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza” e non dando luogo “a nessun ragionevole dubbio”. La Corte motiva la propria decisione muovendo dal testo dell’art. 45, paragrafo 2, primo comma lett. d) della direttiva 2004/18/CE che, a differenza delle altre disposizioni sulle cause di esclusione facoltative previste dal medesimo comma, non rinvia alle singole normative nazionali quali parametri di riferimento, ma si limita a rimettere agli Stati membri il potere di precisare le condizioni di applicazione della norma, in conformità al diritto interno e a quello comunitario. In questi casi, la discrezionalità degli Stati membri deve essere regolata con maggior rigore, spettando al diritto dell’Unione e all’attività interpretativa della Corte di Giustizia la corretta individuazione della portata delle cause di esclusione. Ebbene, con particolare riguardo alla nozione di “errore grave” commesso “nell’esercizio dell’attività professionale”, i giudici europei ne hanno proposto un’interpretazione estensiva, idonea a ricomprendere qualsiasi comportamento scorretto che incida sull’integrità e affidabilità dell’operatore economico e non le sole condotte inadempienti poste in essere nell’esecuzione di precedenti contratti. Inoltre, le amministrazioni aggiudicatrici sono autorizzate ad accertare la commissione dei gravi errori professionali attraverso qualsiasi mezzo di prova, non essendo richiesta una sentenza passata in giudicato. la Corte arriva dunque ad affermare che “l’art. 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che è interpretata nel senso di escludere dall’ambito di applicazione dell’«errore grave» commesso da un operatore economico «nell’esercizio della propria attività professionale» i comportamenti che integrano una violazione delle norme in materia di concorrenza, accertati e sanzionati dall’autorità nazionale garante della concorrenza con un provvedimento confermato da un organo giurisdizionale, e che preclude alle amministrazioni aggiudicatrici di valutare autonomamente una siffatta violazione per escludere eventualmente tale operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico

Va da sé che la violazione delle norme in materia di concorrenza, sanzionata da un’autorità nazionale, costituisce senza dubbio indizio dell’esistenza di un “grave errore” realizzato dall’operatore economico, ma l’esclusione dalla procedura di aggiudicazione non può essere automatica, richiedendosi una valutazione specifica e concreta del comportamento illecito da parte della stazione appaltante.