Dopo anni i tecnici delle stazioni appaltanti vedono riconosciuto un loro diritto soggettivo.
La pubblica amministrazione paga il costo di iscrizione all’albo professionale se il proprio dipendente esercita con obbligo di esclusiva. Il principio, posto dalla sentenza 116 del tribunale di Pordenone del 6 settembre 2019, è stato espresso con riferimento ad alcuni infermieri professionali, dipendenti con vincolo di esclusività da una Ausl; la stessa logica, tuttavia, riguarda ampie categorie (ingegneri, architetti, agronomi, avvocati), giungendo fino al limite dei professionisti che appartengono ad associazioni professionali “non collegiate”, disciplinate dalla legge 4/2013. La questione annosa affrontata già dagli avvocati dell’Inps e dell’Inail, che hanno ribaltato sugli enti di appartenenza i costi di iscrizione all’Albo (Cassazione 7776/2015 e 3928/2007); stesso obbligo grava sui Comuni che abbiano un avvocato interno (Consiglio di Stato, parere 1081/2011). Un principio identico riguarda la progettazione di opere pubbliche che avvenga a cura delle amministrazioni aggiudicatrici: in tal caso, il dipendente che abbia un rapporto esclusivo con la Pa, può chiedere di restare indenne dalle quote di iscrizione all’Albo o collegio. Ciò in coerenza con l’articolo 24, comma 4, del Dlgs 50/2016 (testo unico appalti), il quale pone a carico delle stazioni appaltanti le polizze assicurative per la copertura dei rischi di natura professionale dei dipendenti incaricati della progettazione. Identica situazione con riguardo alla formazione obbligatoria. Nella sentenza si legge che “: se il dipendente non si può giovare delle capacità affinate in tali corsi, a causa di un vincolo di esclusività che lo lega al datore di lavoro pubblico, i costi della formazione obbligatoria sono a carico della Pa.”
Ciò che l’ente paga però è solo ciò che è necessario per svolgere la propria attività.