Si può dire era ora. Il Consiglio di stato sez. III, n. 4363, del 25 giugno 2019 ha ricordato a loro stessi i magistrati amministrativi che la sentenza breve non può intervenire in casi particolarmente complicati soprattutto se presenti elementi tecnici che debbono esser verificati anche con CTU o verificatori. Troppo spesso i giudici costretti nei tempi brevi del processo amministrativo adottano questa forma non curando alcune fasi del processo quale l’istruttoria documentale e tecnica spesso appiattendosi sul giudicato della commissione giudicatrice, proprio oggetto di impugnativa . E’ stato definito che la sentenza in forma semplificata non solo non è obbligatoria ex art. 119 e ss. cod.proc.amm., ma addirittura è illegittima se il contenuto della decisione si estende al merito della controversia e questo richiede accertamenti di fatto o, comunque, valutazioni extra-giuridiche di elevato grado di complessità. Si legge nella sentenza che se è vero che resta fermo il principio secondo il quale il giudice può sindacare tali tipi di atti solo per irragionevolezza tecnica o per incongruenza logica, tuttavia – e questo è l’aspetto davvero interessante – si afferma che al fine di discostarsi dalle valutazioni tecniche espresse dall’amministrazione il Giudice necessita di uno strumento che gli consenta di acquisire il giudizio tecnico di un esperto, nella forma della consulenza tecnica o della verificazione (sulla distinzione, si vedano Cons. Stato, sez. VI, n. 11 del 5 gennaio 2015 e Cons. Stato, sez. VI, n. 682 del 12 febbraio 2014).