Anche il TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, con la sentenza del 16 settembre 2019, n. 376 entra nel dibattito della modalità di ricostruzione dei soggetti da invitare nelle procedure negoziate sottosoglia e sull’uso dei canali offerti dal Mepa che spesso in modo disinvolto vengono utilizzati. Innanzitutto si chiarisce che il sistema MEPA non è una procedura aperta perché è limitato solo agli iscritti e quindi non è in line acon quanto gia chiarito dalla stessa Anac nella sua linea guida n. 4 e da nomerosi precedenti giurisprudenziali nei quali si richiama l’attenzione sulla necessita di una previa fase pubblicitaria che apra a tutti gli operatori e che consenta loro come tempistica anche di andarsi a qualificare.
Si legge testualmente : “L’invito ad una RDO Mepa rivolto all’operatore uscente che – a seguito di avviso pubblico – abbia manifestato l’interesse ad essere invitato alla successiva procedura negoziata risulta in violazione del principio di rotazione affermato dall’articolo 36 del D.Lgs. n. 50 del 2016. Il suddetto principio, riferito non solo agli affidamenti ma anche agli inviti, mira ad evitare il crearsi di posizioni di rendita anticoncorrenziali in capo al contraente uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il precedente affidamento) e di rapporti esclusivi con determinati operatori economici, favorendo, per converso, l’apertura al mercato più ampia possibile sì da riequilibrarne (e implementarne) le dinamiche competitive. Esso orienta le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da interpellare e da invitare per presentare le offerte, assumendo quindi nelle procedure negoziate il valore di una sorta di contropartita al carattere “fiduciario” della scelta del contraente allo scopo di evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo. Ove la stazione appaltante intenda, comunque, procedere all’invito del gestore uscente, deve puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento.
Il Consiglio di Stato con sentenza del sez. III del 24 settembre 2019 n. 6355 ha ribadito che la base d’asta stessa, seppure non deve essere corrispondente necessariamente al prezzo di mercato, tuttavia non può essere arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza (id., Cons. Stato, III, 10 maggio 2017, n. 2168). Si legge testualmente: ”Va rimarcato, infine, come, anche nella disciplina del nuovo codice degli appalti, le stazioni appaltanti debbano garantire la qualità delle prestazioni, non solo nella fase di scelta del contraente (cfr. art. 97 in tema di esclusione delle offerte anormalmente basse), ma anche nella fase di predisposizione dei parametri della gara (cfr. art. 30, co. 1 d.lgs. 50/2016). Secondo la giurisprudenza amministrativa prevalente (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5887) “La determinazione del prezzo posto a base di gara non può, quindi, prescindere da una verifica della reale congruità in relazione alle prestazioni e ai costi per l’esecuzione del servizio, ivi comprese le condizioni di lavoro che consentano ai concorrenti la presentazione di una proposta concreta e realistica, pena “intuibili carenze di effettività delle offerte e di efficacia dell’azione della Pubblica Amministrazione, oltre che di sensibili alterazioni della concorrenza tra imprese” (T.A.R. Sicilia, Palermo, 18.03.2011, n. 2360), profili tutti giudizialmente scrutinabili. Ed in vero, “in un giudizio avverso il bando di gara, … la misura del prezzo a base d’asta non implica una mera scelta di convenienza e opportunità, ma una valutazione alla stregua di cognizioni tecniche (andamento del mercato nel settore di cui trattasi, tecnologie che le ditte devono adoperare nell’espletamento dei servizi oggetto dell’appalto, numero di dipendenti che devono essere impiegati, rapporto qualità-prezzo per ogni servizio) sulla quale è possibile il sindacato del giudice amministrativo..” si rammenta che secondo le stesse Linee Guida espresse dall’ANAC con delibera n. 20 gennaio 2016, al punto 11, “le stazioni appaltanti, nella determinazione dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi, non possono limitarsi ad una generica e sintetica indicazione del corrispettivo, ma devono indicare con accuratezza e analiticità i singoli elementi che compongono la prestazione e il loro valore. Le stesse devono procedere già in fase di programmazione alla stima del fabbisogno effettivo in termini di numero di ore di lavoro/interventi/prestazioni e alla predeterminazione del costo complessivo di ciascuna prestazione”.