I debiti della pa possono costituire oggetto di transazione in sede di fallimento di una società creditrice

E’ stato  stabilito nella Deliberazione . n. 40 /2021/PAR della Sezione regionale di controllo per la Toscana ove di precisa che “L’art. 182 ter .D. n. 267/1942 (cd. Legge Fallimentare) può trovare applicazione anche ai tributi locali, qualora gli stessi siano amministrati dalle Agenzie Fiscali.
La norma in discorso disciplina la transazione fiscale, che prevede la possibilità di convenire il pagamento in misura ridotta o dilazionata dei crediti tributari privilegiati e chirografari, sia quelli iscritti che non iscritti a ruolo, nell’ambito del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (l’istituto è praticabile soltanto in presenza dei presupposti che rendono ammissibili dette procedure). Alla transazione possono avere accesso soltanto gli imprenditori che si trovino in stato di crisi e che, ai sensi dell’art. 1 della Legge fallimentare, sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo.
Il dato letterale della norma individua i crediti che possono essere oggetto di transazione fiscale: l’istituto può trovare applicazione per i tributi amministrati dalle agenzie fiscali (ad eccezione di quelli costituenti risorse proprie dell’Unione Europea), nonché per i contributi amministrati dagli enti di previdenza e assistenza obbligatori. Ne rimangono esclusi, per espressa previsione di legge, l’IVA e i crediti fiscali derivanti da ritenute alla fonte operate e non versate, per i quali, tuttavia, può essere richiesta la dilazione nel pagamento e la falcidia di sanzioni e interessi.
La norma non prevede espressamente, invece, la transazione per i tributi dovuti agli enti locali, che sovente costituiscono una parte ingente del debito fiscale del contribuente.
Nella transazione possono essere ricompresi:

i tributi erariali, in quanto certamente amministrati dalle Agenzie fiscali;

i tributi che, se pur di spettanza di altri enti, vedono le competenze gestionali demandate, ex lege, all’Agenzia delle Entrate (tasse automobilistiche, addizionali regionali e comunali).

Per quanto riguarda i tributi locali, si ritiene che possano entrare nel campo di applicazione dell’art. 182 ter quelli attribuiti alla gestione delle Agenzie fiscali da una convenzione tra l’ente locale e l’Agenzia stessa.
Ad esempio, come evidenziato dalla dottrina, l’art. 57 del D.Lgs. n. 300 del 1999, al secondo comma prevede che “le Regioni e gli Enti locali possono attribuire alle agenzie fiscali, in tutto o in parte, la gestione delle funzioni ad essi spettanti, regolando con autonome convenzioni le modalità di svolgimento dei compiti e gli obblighi che ne conseguono”; e pertanto non è da escludere che un ente locale attribuisca il potere di gestione dei propri tributi alle Agenzie fiscali,  che divengono pertanto responsabili dell’attività di accertamento (quantificazione della base imponibile e liquidazione del tributo).
Ad eccezione dei crediti tributari appena individuati, in considerazione della chiarezza del dato letterale della norma, nel campo di applicazione dell’art. 182 ter non possono rientrare ulteriori situazioni creditorie di spettanza degli enti locali (ossia quelli che non risultino amministrati dalle agenzie fiscali).
Si pone poi il problema di individuare la sorte di tutti gli altri crediti di spettanza dell’ente locale (non solo quelli tributari) che non possono essere oggetto di transazione fiscale.
L’art. 182-bis della Legge Fallimentare può trovare applicazione ai crediti, non solo tributari, di spettanza degli enti locali, qualora non possano essere oggetto di transazione fiscale ai sensi dell’art. 182-ter.
Al di fuori della transazione fiscale, i crediti (non solo fiscali) riferiti agli enti locali possano comunque essere oggetto di accordo “transattivo” (con riduzione dell’ammontare del debito, dilazione di pagamento, ecc.), così come previsto per tutti gli altri crediti nell’ambito del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione.
Proprio quest’ultimo, pertanto, potrà essere lo strumento a cui l’imprenditore può ricorrere per attenuare la pressione dei tributi e dei crediti degli enti locali, nei modi previsti dall’art. 182 bis.
Ciò in conformità all’obiettivo del sistema normativo in esame, che è quello di evitare all’imprenditore in crisi il dissesto irreversibile dell’impresa consentendogli di ridurre in termini percentuali i crediti fiscali (e non), diversi da quelli oggetto di transazione.”