Il futuro è nella qualificazione della stazione appaltante

Senza la qualificazione della stazione appaltante non si può comprare sul MEPA. Le stazioni appaltanti devono ridefinire la propria organizzazione per la gestione degli appalti e formare il personale per la qualificazione e per poter operare autonomamente nelle acquisizioni di lavori superiori a 150mila euro, e di beni e servizi sopra i 40mila euro tenendo ben a mente che in difetto non potranno avviare nessuna negoziazione sul MEPA se non solo gli acquisti a catalogo. E’ quanto emerge dall’analisi della normativa prevista all’art. 38 del codice che rinvia, poi, ad un Dpcm in base al quale le amministrazioni aggiudicatrici dovranno dimostrare il possesso di requisiti organizzativi e funzionali per poter affidare appalti e concessioni superiori alle soglie di valore individuate dall’ articolo 37, comma 1 dello stesso Dlgs 50/2016 per assicurare l’ operatività minima. La qualificazione sarà oggetto di una procedura gestita dall’ Anac e sarà tesa a dimostrare la capacità delle S.A. di gestire in modo professionale programmazione e progettazione, affidamento ed esecuzione secondo una differenziazione su quattro livelli (base, medio, alto e superiore). Le amministrazioni devono anzitutto dedicare alle attività di gestione degli appalti e delle concessioni una struttura organizzativa stabile, con organico adeguato. In relazione al livello base le stazioni appaltanti devono disporre per l’ affidamento di lavori (fino a un milione di euro) di un amministrativo e di due tecnici abilitati alla professione, mentre per acquisire beni e servizi (fino alle soglie comunitarie) devono impiegare nell’ unità dedicata due laureati (di cui uno esperto in materia e uno con laurea in discipline giuridico-economiche) e tre amministrativi diplomati (di cui due con competenze specifiche ed esperienza almeno quinquennale). L’ organico richiesto per il livello medio (fino alla soglia comunitaria per i lavori e fino a un milione di euro per servizi o forniture) e per quelli superiori comporta l’ impiego di un numero progressivamente più rilevante di risorse umane con elevato livello di specializzazione e di esperienze, determinando per le stazioni appaltanti una verifica accurata delle figure professionali a disposizione, correlata alla definizione di una mappa delle competenze. In questo senso alcune disposizioni sollecitano le amministrazioni a percorsi innovativi nei processi di reclutamento, come nel caso della norma che obbliga ad avere in organico un dipendente con titolo di studio non inferiore alla laurea in scienze economiche se vogliono sviluppare procedure di partenariato pubblico-privato (nelle quali uno degli elementi-chiave è il piano economico-finanziario). Le amministrazioni devono attivare anche percorsi formativi strutturati, per assicurare adeguati strumenti di conoscenza ai propri operatori impegnati nella gestione degli appalti: la formazione non può essere inferiore a 30 ore all’ anno e deve essere definita con un piano. Per conseguire la qualificazione, le stazioni appaltanti devono dimostrare lo svolgimento nel quinquennio precedente di un certo numero di procedure di affidamento di valore pari a quello del livello di qualificazione cui ambiscono: se un ente vuole qualificarsi per l’ acquisizione di servizi e beni entro le soglie comunitarie (livello base) deve aver gestito nei cinque anni almeno 15 procedure entro quel valore. In ragione dell’ entrata in vigore del Codice da soli due anni, il parametro è in sede di prima applicazione rideterminato proporzionalmente. Lo schema di decreto individua anche gli ambiti di riferimento per le centrali di committenza, stabilendo una ripartizione territoriale su base nazionale, macro-regionale, regionale e di una o più aree vaste.