Il mero riaffido dell’appalto al vecchio aggiudicatario non viola la rotazione

Non è sufficiente il mero riaffido dell’appalto al vecchio aggiudicatario per invocare la violazione del criterio della rotazione, occorre una verifica sostanziale sulla tipologia delle prestazioni richieste che, succedendosi, devono porsi in un rapporto di continuità qualitativa.  Ancora una puntulaizzazione sul principio di rotazione. A distanza di 65 anni ormai dall’adozione del Codice il consiglio di Stato, sez. V, interviene con una pronuncia in cui  per l’ennesima volta precise che il princio di rotazione non è un assioma ma va verificato concretamente in un ambito operativo circoscritto.  In particolare si precisa che “ La questione, nel caso di specie, è l’aspetto oggettivo dell’appalto in contestazione: la rotazione non deve essere intesa in senso assoluto ma tende ad impedire la “continuità” nel corso del tempo della prestazione e non impone alcun vincolo nel caso di commesse differenti. Qualificate oggettivamente dalla stazione appaltante…..” Il criterio dell’alternanza, quindi, come anche ripreso e ampliato  nella legge 120/2020 tende a impedire la “formazione di rendite di posizione e persegue l’effettiva concorrenza» evitando «che il gestore uscente, forte della conoscenza della strutturazione del servizio da espletare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori economici pur se anch’essi chiamati dalla stazione appaltante a presentare offerta e, così, posti in competizione tra loro” . Nella pronuncia si rammenta che per valorizzare l’omessa rotazione occorre «identità (e continuità), nel corso del tempo, della prestazione principale o comunque – nel caso in cui non sia possibile individuare una chiara prevalenza delle diverse prestazioni dedotte in rapporto (tanto più se aventi contenuto tra loro non omogeneo) – che i successivi affidamenti abbiano comunque ad oggetto, in tutto o parte, queste ultime» (Consiglio di Stato, V, n. 1524 del 2019).