Le concessioni di beni demaniali non sono concessioni di servizi

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sez. III, nella sentenza del 25 agosto 2021, n. 6034 in un articolata ricostruzione della disciplina alla luce degli interventi eurocomunitari.

Si legge : “1. Le concessioni dei beni demaniali, non sono qualificabili come “concessione di servizi” in quanto non ricorrono gli elementi costitutivi del contratto di concessione di servizi come definito dall’art. 3, comma 1, lett. vv, del d.lgs. n. 50 del 2016 (“contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi“).
Tuttavia, anche le concessioni di beni demaniali, in quanto rivestono rilevanza economica poiché idonee a fornire un’occasione di guadagno a soggetti operanti nel libero mercato, soggiacciono ai principi discendenti dall’art. 81 del Trattato UE e dalle Direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli della loro necessaria attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti.
Infatti, anche nell’assegnazione di un bene demaniale occorre individuare il soggetto maggiormente idoneo a consentire il perseguimento dell’interesse pubblico, garantendo a tutti gli operatori economici una parità di possibilità di accesso all’utilizzazione dei beni demaniali.
7.2. – La giurisprudenza, in più occasioni, si è pronunciata nel senso dell’obbligo di attivazione di procedura competitiva in ipotesi di concessioni di beni del demanio marittimo e aeroportuale, pena l’introduzione di una barriera all’ingresso al mercato e conseguente lesione dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza (cfr. C.d.S., sez. IV, 16/02/2021, n.1416; C.d.S., Adunanza Plenaria, 25 febbraio 2013, n. 5; Sez. V, 31.5.2011, n. 3250; sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168; TAR Lazio, sez. III, sez. III, 08/01/2016, n. 188 e sez. III ter, n. 11405/2014 e n. 5499/2015). Il rilascio e la variazione della concessione devono avvenire nel rispetto delle direttive comunitarie in materia, sulla scorta delle sentenze della Corte di Giustizia (cfr. sentenza 14 luglio 2016, cause C-458/14 e C-67/15 sul contrasto con l’art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 e con l’art. 49 TFUE, relativi ai servizi nel mercato interno e sull’invalidità di norme nazionali che prevedano proroghe automatiche in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati; C.d.S., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 3912).

2.L’art. 5, comma 6, del D.lgs. n. 50/2016 esclude l’accordo concluso esclusivamente tra due amministrazioni dall’applicazione del codice, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

“a) l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;
b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico;
c) le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione”.
(..) Il Collegio, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, richiama gli enunciati della Corte di Giustizia UE che ha precisato in quali casi i contratti conclusi nell’ambito del settore pubblico non sono soggetti all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici (Corte giustizia UE sez. IV, 28/05/2020, n.796).
Afferma la Corte che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter decidere di fornire congiuntamente i rispettivi servizi pubblici mediante cooperazione senza essere obbligate ad avvalersi di alcuna forma giuridica in particolare.
Tale cooperazione potrebbe riguardare tutti i tipi di attività connesse alla prestazione di servizi e alle responsabilità affidati alle amministrazioni partecipanti o da esse assunti, quali i compiti obbligatori o facoltativi di enti pubblici territoriali o i servizi affidati a organismi specifici dal diritto pubblico.
I servizi forniti dalle diverse amministrazioni partecipanti non devono necessariamente essere identici; potrebbero anche essere complementari.
Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della [Corte]. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l’applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche.
Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti.
I contratti per la fornitura congiunta di servizi pubblici non dovrebbero essere soggetti all’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva, a condizione che siano conclusi esclusivamente tra amministrazioni aggiudicatrici, che l’attuazione di tale cooperazione sia dettata solo da considerazioni legate al pubblico interesse e che nessun fornitore privato di servizi goda di una posizione di vantaggio rispetto ai suoi concorrenti.
Al fine di rispettare tali condizioni, la cooperazione dovrebbe fondarsi su un concetto cooperativistico. Tale cooperazione non comporta che tutte le amministrazioni partecipanti si assumano la responsabilità di eseguire i principali obblighi contrattuali, fintantoché sussistono impegni a cooperare all’esecuzione del servizio pubblico in questione. Inoltre, l’attuazione della cooperazione, inclusi gli eventuali trasferimenti finanziari tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, dovrebbe essere retta solo da considerazioni legate al pubblico interesse”.
La nozione di «cooperazione» è al centro del meccanismo di esclusione previsto dall’articolo 12, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, trasfuso dal legislatore nazionale nella disposizione dell’art. 5, comma 6, del D.Lgs 50/2016.
La Corte precisa ancora che, in assenza di una nozione comunitaria di “cooperazione”, va valorizzata dall’interprete la circostanza che “l’intenzione del legislatore dell’Unione fosse quella d’instaurare un meccanismo basato su una cooperazione non autentica o d’ignorare l’effetto utile della cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, occorre rilevare che il requisito di «un’autentica cooperazione» emerge dalla precisazione, enunciata al considerando 33, terzo comma, della direttiva 2014/24, secondo cui la cooperazione deve «fondarsi su un concetto cooperativistico». Una siffatta formulazione, all’apparenza tautologica, deve essere interpretata nel senso di rinviare al requisito di effettività della cooperazione così stabilita o attuata.
29. Ne consegue che la partecipazione congiunta di tutte le parti dell’accordo di cooperazione è indispensabile per garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati e che tale condizione non può essere considerata soddisfatta qualora l’unico contributo di talune controparti contrattuali si limiti a un mero rimborso spese”.
Inoltre, precisa ancora la Corte che “la conclusione di un accordo di cooperazione tra enti nell’ambito del settore pubblico deve costituire la conclusione di un’iniziativa di cooperazione tra le parti di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C-480/06, EU:C:2009:357, punto 38). L’elaborazione di una cooperazione tra enti nell’ambito del settore pubblico presenta, infatti, una dimensione intrinsecamente collaborativa, che è assente in una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico rientrante nelle norme previste dalla direttiva 2014/24.”.  “