Lo ha deciso il consiglio di stato sez. v nella sentenza n. 6232 del 7 settembre 2021 ove si precisa; “Per quanto concerne il profilo relativo al difetto di gratuità del servizio oggetto dell’affidamento, occorre muovere dalle puntuali considerazioni svolte nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 26 luglio 2018, sui rapporti tra le direttive U.E. del 2014 in materia di appalti pubblici, il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e il d.lgs. n. 117 del 2017 nella parte in cui disciplina l’affidamento di servizi sociali a soggetti o enti del c.d. terzo settore. Premesso che, di regola, «l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario» (pag. 13 del parere), si è sottolineato come in determinate ipotesi «la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché […] la procedura disciplinata dal diritto interno […] ]miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito», il che si giustifica essenzialmente per il fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi. 10.2. – La questione si trasferisce, quindi, sul piano della definizione giuridica del concetto di gratuità, ossia di uno degli elementi costitutivi della possibilità di utilizzare le procedure di affidamento disciplinate dal codice de terzo settore e di sottrarsi, quindi, all’applicazione delle norme unionali in materia di appalti pubblici e al codice dei contratti che di quelle costituiscono recepimento.
In tale prospettiva, il concetto di gratuità si identifica nel conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde una sola la mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio. Sotto questo profilo, si precisa, «la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore» (pag. 14 del parere cit.). Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese («le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente»: pag. 21 del parere).”