I ribassi concordati tra imprese che partecipano a un consorzio, ma concorrono da sole all’appalto, integrano il reato di turbata libertà degli incanti previsto dall’articolo 353 del Codice penale. La Corte di Cassazione lo scorso 19 giugno con sentenza n.27987 ha annullato con rinvio al Gup una decisione che aveva dichiarato il non luogo a procedere «perché il fatto non sussiste». In realtà secondo i Supremi Giudici, la liceità della partecipazione contestuale alla gara consentita dalla norma del codice degli appalti si è trasformata in un palese “cartello”. In particolare, si evidenzia che nel corso del processo veniva accertato che non era stato violato il divieto di contemporanea partecipazione di un consorzio e delle sue imprese componenti, di cui all’art. 36 del dlgs.163/2006 ora all’art. 45 del dlgs.50/2016, ma non veniva tenuto in alcun conto che il consorzio non aveva partecipato alla gara e che le imprese scientemente avevano utilizzato lo strumento consortile per schermarsi nel loro intento criminoso. Il Gup aveva valutato la collusione solo all’interno del perimetro consortile tralasciando questa circostanza probante del reato di turbativa. È quindi inconferente il richiamo del giudice di merito al quinto comma dell’articolo 36 del Dlgs 163/2003 («I consorzi stabili sono tenuti ad indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre; a questi ultimi è fatto divieto di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara; in caso di violazione sono esclusi dalla gara sia il consorzio sia il consorziato; in caso di inosservanza di tale divieto si applica l’articolo 353 del codice penale. È vietata la partecipazione a più di un consorzio stabile.»