Lo ha chiarito l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) con la Delibera 14 novembre 2018, n. 1050 con la quale ha risposto all’istanza di precontenzioso presentata per conoscere la sussistenza dell’obbligo per le stazioni appaltanti di prevedere l’anticipazione del prezzo nelle procedure sotto soglia. In particolare, il caso oggetto di analisi da parte dell’ANAC riguardava una procedura ristretta, il cui capitolato, all’art. 26 prevedeva che “non è dovuta l’anticipazione del prezzo e non trova applicazione l’art. 35 co. 18 del Codice dei Contratti” giustificata dalla S.A. secondo la tesi per cui l’art. 35 che prevede, al comma 18, l’obbligo di corresponsione dell’anticipazione da parte della stazione appaltante all’appaltatore riguarderebbe le procedure sopra soglia comunitaria e non si applicherebbe alle procedure di importo inferiore a tale soglia disciplinate dal successivo art. 36 in cui dell’anticipazione del prezzo non si fa menzione.
ANAC ha ricordato che l’istituto dell’anticipazione del prezzo ha la finalità di consentire all’appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all’esecuzione del contratto ed è stato oggetto, nel corso degli anni, di numerose modifiche normative.
Lasciata in un primo tempo alla discrezionalità dell’amministrazione, è stato poi ritenuto obbligatorio che, in tutte le procedure di gara, l’anticipazione fosse accreditata all’impresa, indipendentemente dalla sua richiesta, entro sei mesi dalla data dell’offerta. Successivamente l’anticipazione è stata ridimensionata dal 10% al 5% dell’importo contrattuale dall’art. 2, commi 91 e 92, della Legge n. 662/1996 (Finanziaria per il 1997). Mentre, il D.L. n. 79/1997, al fine di contenere la spesa pubblica, disponeva il generale divieto alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici economici di concedere, in qualsiasi forma, anticipazioni del prezzo in materia di appalti di lavori, servizi e forniture, facendo salvi i contratti già aggiudicati alla data di entrata in vigore del decreto medesimo e quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento comunitario.
Dal 2013, l’opposta esigenza di favorire gli investimenti e dare impulso all’imprenditoria, in una fase di stagnazione economica e di crisi del mercato, ha indotto il legislatore a ripristinare temporaneamente l’istituto dell’anticipazione fissato prima nell’importo del 10%, poi del 20%.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti), al comma 18 dell’articolo 35 rubricato “Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia” è stata istituzionalizzata l’anticipazione del 20% calcolata non più sull’importo contrattuale, come nella corrispondente previsione del vecchio Regolamento all’art. 140 D.P.R. 207/2010, ma sul “valore stimato dell’appalto”. È anche stato precisato che tale anticipazione deve essere corrisposta all’appaltatore entro quindici giorni dall’effettivo inizio dei lavori ed è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all’anticipazione maggiorato del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell’anticipazione stessa secondo il cronoprogramma dei lavori.
La collocazione della norma nell’ambito dell’art. 35 rubricato “Soglie di rilevanza comunitaria e metodi di calcolo del valore stimato degli appalti” è stata giudicata “infelice e inconferente” dalla dottrina, mostrandosi come una scelta erronea e non sorretta da adeguata motivazione. Nel parere 30/03/2017, n. 782 del Consiglio di Stato – Commissione speciale – contenente Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 si osserva che “la sede più corretta della disciplina racchiusa nel comma 18 dell’art. 35 sarebbe il titolo V, relativo all’esecuzione(…), se del caso nell’art. 113-bis, con appropriata modifica della relativa rubrica”.
L’art. 35 D.lgs. 50/2016 va considerato dunque una norma di carattere generale che detta disposizioni in ordine alle modalità di calcolo del valore dell’appalto e non una norma specifica relativa ai contratti sopra soglia in contrapposizione alla successiva di cui all’art. 36.
Per tali motivi, la disposizione del Capitolato che prevede il diniego all’erogazione dell’anticipazione del prezzo deve ritenersi illegittima in quanto contraria alla normativa di settore. Con riferimento alla nota in oggetto con la quale è stata formalizzata una richiesta di pagamento dell’anticipazione del prezzo contrattuale, siamo con la presente ad evidenziare che nel presente appalto non è contemplata la corresponsione di detto importo.
Anac dimentica, però che è ancora dubbio se detto importo debba esser corrisposto alla luce dell’intricata vicenda del succedersi di numerose norme e abrogazioni di disposizioni che prima hanno visto il riconoscimento della predetta anticipazione e poi la hanno vietata sino a circoscriverla a casi ben definiti.
Rileva nella specie la disposizione di cui al comma 14 dell’art.35 del dlgs 50/2016 che nell’articolo dedicato al calcolo della soglia comunitaria e – quindi con una indubbia collocazione e con buona probabilità riferentesi ad appalti aventi un importo comunitario, sembra riconoscere questo importo e l’art. 217 ove alla lettera ll) contiene l’abrogazione dell’art 26 –ter del D.L. 21-6-2013, n. 69 -Articolo inserito dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98, intervenuto sull’art.140 del citato dlgs 207/2010, per circoscrivere alcuni casi in cui a fronte del divieto era possibile corrispondere comunque corrispondere l’anticipazione. (1)
Orbene, l’abrogazione dell’art.26 citato non ha coinvolto l’art. 140 perché contenuto nel d.P.R.207/2010 perché vigente sicuramente sino al prossimo 30 maggio data in cui entrerà in vigore il dm-49/2018, ma ancor più perché l’abrogazione predetta non ha coinvolto art. 5, commi 1 e 1bis del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, conv. in L.140/1997 , che ha riespanso la propria portata, norma madre che contiene il divieto generale di anticipazione del prezzo.
L’art. 140 del Dp.R.207/2010 è stato abrogato dall’art. 217 del dlgs 50/2016 – che recava il divieto assoluto e l’art.26 ter citato, dal quale carattere “inderogabile” discende, quale logico corollario, secondo l’ANAC “il potere di eterointegrazione della norma stessa, che trova dunque applicazione anche nel caso in cui la lex specialis di gara sia silente o preveda clausole difformi, che devono ritenersi sostituite di diritto (art. 1339 c.c.), ma seguita ANAC che il carattere eccezionale della norma di cui trattasi, che rappresenta una deroga temporanea al divieto generalizzato di anticipazioni, non si applica oltre i casi e i tempi in essa considerati, cioè piani cofinanziati e progetti di cooperazione e sviluppo (art. 14 delle Preleggi)
Quindi, nel caso di specie, poiché l’art.5 cit non è stato abrogato dall’art. 217 del dlgs.50/2016, poiché nel bando di gara, nel contratto e nel capitolato tutti accettati dall’impresa non è stato previsto alcunchè, l’anticipazione non è dovuta.
- Art. 140 [1. Si applica il divieto di anticipazioni del prezzo di cui all’articolo 5 del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140.
- Nei casi consentiti dalle leggi vigenti, le stazioni appaltanti erogano all’esecutore, entro quindici giorni dalla data di effettivo inizio dei lavori accertata dal responsabile del procedimento, l’anticipazione sull’importo contrattuale nella misura prevista dalle norme vigenti. La ritardata corresponsione dell’anticipazione obbliga al pagamento degli interessi corrispettivi a norma dell’articolo 1282 codice civile.
- Il beneficiario decade dall’anticipazione se l’esecuzione dei lavori non procede secondo i tempi contrattuali, e sulle somme restituite sono dovuti gli interessi corrispettivi al tasso legale con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione.
- Le disposizioni di cui al comma 2 non si applicano alla fattispecie di cui all’articolo 133, comma 1-bis, del codice.